Descrizione
Facente parte di una colonna autocarrata si slanciava fra i primi per trattenere la massa nemica. Caduto perché gravemente ferito ad una gamba, si risollevava e continuava a combattere e ad incitare i camerati finché non si abbatteva di bel nuovo colpito al viso ed alle mani da una bomba a mano. Mutilato di una gamba, di un occhio e delle mani, continuava a mantenere quel contegno stoico e sereno che aveva tenuto dal principio del combattimento, dicendosi lieto e felice di potersi immolare al servizio del suo Re, del suo Duce, della sua Patria, meravigliando chiunque e dando a tutti un raro esempio di stoicismo, di sprezzo del pericolo e del dovere, di amor patrio e di fede fascista.
Zona di Tibè, 21 settembre 1937