Descrizione
Comandante cacciatorpediniere e capo scorta di un convoglio che, nottetempo, attraversava una zona di mare fortemente insidiata, accortosi dell’avvicinarsi di unità navali nemiche soverchianti per numero, tonnellaggio e mezzi tecnici, si lanciava immediatamente colla propria e colle unità dipendenti all’attacco, disponendo altresì per la protezione delle navi del convoglio. Apprezzata prontamente la situazione, iniziava un’audace manovra di aggiramento dell’avversario, svolgendo tre distinte azioni di fuoco per tentare di agganciarlo. Distrarre il suo tiro dalle unità del convoglio e poterlo battere da posizione favorevole anche al lancio dei siluri. Durante la terza azione di fuoco alcune salve avversarie centravano la sua unità, arrestandola e provocando un violento incendio, dentro e fuori il deposito munizioni prodiero, la cui vampata ustionava gravemente e carbonizzava quasi tutti i presenti sul ponte di comando. Pur menomato fisicamente per le ustioni gravissime alla testa e alle mani, manteneva il comando della sua nave per oltre due ore, svolgendo efficace azione per tentarne il salvataggio. Anche quando le sue condizioni fisiche, impedendogli l’uso della vista, lo costringevano a passare il comando al suo secondo, manteneva la direzione delle operazioni di salvataggio, con alto senso di responsabilità e con stoica noncuranza delle atroci sofferenze, riuscendo a mantenere a galla la sua nave, che altrimenti sarebbe andata perduta col suo equipaggio. – Banco Sherki (Canale di Sicilia), notte sul 2 dicembre 1942.